la regola

Santuario

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La nuova Abbazia, fondata a Citeaux da Roberto e dai due co-fondatori Alberico e Stefano, non poteva non rifarsi che alla Regola di San Benedetto, non però con un attaccamento ad un litteralismo insipiente, ma attraverso uno sforzo continuo di attingere in essa l’ideale evangelico fondamentale, ossia la ricerca di Dio tramite la preghiera e il lavoro.

Divisa in 73 capitoli, introdotti da un prologo, attraverso i quali è disciplinata la vita di tutti coloro che intendono abbracciare l’ideale cenobitico, e attingendo in larga misura dalla spiritualità della Chiesa primitiva, dalla Sacra Scrittura e dall’esperienza dei Santi Padri, la Regola rappresentava davvero il cuore dell’esistenza benedettina.

Pur tuttavia, sembrò bene ai Padri fondatori del nuovo Ordine di rendere più specifico lo spirito del rinnovamento cistercense, promovendo disposizioni tese alla salvaguardia della povertà e della quiete monastica.

Nasce così la cosiddetta Charta Caritatis, stilata da Stefano Harding e divisa in 12 capitoli, introdotti da un prologo, che rappresenta il documento base dell’Ordine. Si tratta di principi finalizzati a tutelare la povertà e la pace monastica, nonché l’unione e la concordia tra le Abbazie, sostituendo alla subordinazione feudale la libertà nella carità e nel principio di sussidiarietà. Il documento fu, infatti, denominato Carta di Carità, perché lo statuto, respingendo ogni gravame di esazione, “persegue unicamente la carità e il bene delle anime sia nelle cose divine che in quelle umane”.

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